domenica 12 aprile 2015

Un'invincibile estate

Nel bel mezzo dell’odio,
ho trovato che c’era, dentro di me, un invincibile amore.
Nel bel mezzo delle lacrime,
ho trovato che c’era, dentro di me, un invincibile sorriso.
Nel bel mezzo del caos,
ho trovato che c’era, dentro di me, un’invincibile calma.
Nel bel mezzo dell’inverno,
ho infine imparato che vi era in me un’invincibile estate.
E che ciò mi rende felice.
Perché afferma che non importa quanto duramente il mondo vada contro di me,
in me c’è qualcosa di più forte,
qualcosa di migliore che mi spinge subito indietro.

-Albert Camus

giovedì 9 aprile 2015

What a poet

    Rimembri, oh Sofia
Il tavolo in legno massello della cucina
Su cui eri solita respirare ansante
Mentre le mie labbra al limone ti mordevano la pelle
E diegotto, mamma, il telefono, scassavano le palle?
    E i pomeriggi presi tra le mani e tramutati in carne,
Su quel tavolo o su altri, tutto un po' si rassomiglia
La storia è sempre quella, quando non è mamma
È babbo
Quando non è babbo
È franga

    Rimembro con chiarezza mio cavalier adorato
Il duro legno su cui mi possedesti
E il tuo respiro, e i tuoi occhi
In quel lontano dì d'estate profumato

    D'estate na sega,
(Sì,  anche letteralmente parlando)
Confondi forse la pelle
(Le palle pare impossibile)
Mia con quella di altri?
    O forse solo metaforicamente le tue parole si riferiscono alla stagione piu calda
Quella in cui vidi per la prima volta i tuoi occhiali vintage
E così l'autunno si profuma d'estate

   Sorrider mi fanno le tue parole
E la cosa mi è lieta in questa cupa serata
È dolce anche il tuo sottile umorismo (sottile una sega)
anche se spesso spari cazzate.
Ora lasciami spiegar quel che prima ho grossolonamente riportato
La mia mente non inganna
Era un giorno di settembre e sì le foglie cominciavano lente a cadere
Ma un dubbio mi pervade, riguardante le tue capacità intellettive
Credi forse che, per il sol volo delle foglie, settembre sia un mese autunnale?

    È gradevole come tutto assuma una sfumatura color seppia utilizzando questi toni
Il mio intelletto da sempre ha diviso le stagioni non nella maniera canonica, ahimè
Giugno luglio e agosto da soli formano l'estate.
L'autunno ha solamente i due mesi successivi. Non lo trovi buffo?

   Ritengo che insieme potremmo fare la felicità di molti psicologi
Una giovane donna complessata e un giovane trans ammalato
E i loro cuori infervorati per un buffo agone poetico
per il quale d'altronde si scambiano sensati (e piccanti) concetti
Ma ora, riflettendo e scavando con cura nel giardino delle mie credenze
Mi accorgo d'un tratto di aver una voragine
L'autunno stagione decisamente amata, in me non è presente

    È una terribil cosa il non aver interiormente l'autunno
Ma se tornassimo all'ambito piccante? Zenzero e peperoncino?

    Posso mandarti se lo ritieni necessario
Dato che in cucina una capra ti fa una pippa
Qualche semplice ricetta
Che possa stuzzicarti, ovviamente quanto basta, il palato e lo spirito

   Conosci bene, mia amata
Le mie abilitá con i fornelli
Mi aggradano di piu tavoli, sedie, divani e materassi
È lo spirito che mi piace innalzare

    Il mio cuore si imbizzarrisce
e parte al galoppo se usi certi termini.
Ma non divaghiamo. In effetti quel che dici non è sbagliato
Ora che ci penso
se esiste un tavolo e la panna spray
Perchè mai un uomo furbo
dovrebbe anche solo desiderare di avvicinarsi al fornello, se non per farsi un the?

   Ogni uomo di cuore passionale dovrebbe preferire la panna spray
A fornelli e pasta
Usata a dovere diventa uno strumento propiziatorio delle arti amorose, come giá ti accennai
   E ogni donna emancipata e libera dovrebbe poter godere dei molteplici voli pindarici che la mente compie.
Preparo qualcosa?

   Amor tu voli continuamente
Pindaro, mente, capoeira, anima
Ma considerata la natura del tutto, o forse più quella della mente umana
sappiam che una cosa raramente è come sembra
   Come ben sa pirandello vi son più sfaccettature,
Allora penso "la questione della panna e dei fornelli non sarà mica una scusa?"

   Una scusa?
A me sembrava di essere stato quanto più diretto possibile
Ovviamente non intendevo fare con te ciò che la cipolla fa con il soffritto
Ma ben altro, giá conosciamo a cosa ci porta lo stare vicini
Quindi perche non cimentarsi in tour gastronomici?

   Sicuro che non sei allergico ai latticini?

   Sono intollerante a latticini e derivati,
Dalle tue labbra esce la verità
Ma sai giá che preferisco avere poi il cagazzo piuttosto che rinunciare a qualcosa di cosi bello.

   L'amore può tutto
Anche girare il globo alla ricerca della panna di soia

   Quando ci vedremo arrivare con tubetti di panna di soya (con la y o con la i?)
Sapremo allora che davvero possiamo chiamarlo amore
E sará bello restare tutta la notte tra le tue gambe 

L'asfalto sotto le mie scarpe, si parla di due anni fa

Era grigio il cielo sopra Bologna.
Era grigio l'asfalto sotto le mie scarpe.
L'aria era statica. Pregna dell'odore degli scarichi delle auto. Non c'erano stati problemi lungo l'autostrada, non mi ero annoiato, mi piaceva guidare, finché c'erano soldi per benzina e casello.
Il Tom Tom era stato fedele, mi aveva portato tranquillamente a destinazione.
Non restava che trovare parcheggio.

E' come tornare ogni volta sul luogo di un assassinio.
Lo danno ancora il bicchierino con l'acqua assieme al caffè, al bar Egeo, sai?
Ho gli occhi pesanti, ogni volta è sempre peggio.
Pensare che Bologna è anche una bella città.

Svoltai a destra al primo semaforo dopo la stazione.
Via Jacopo della Quercia. Mi fece venire in mente il mio vecchio prof di storia dell'arte, Novello, si chiamava.
Era un'enciclopedia con due gambe e due braccia. Tra di noi usava anteporre un "Wiki" (stile Wikipedia) al suo cognome. Wiki-Novello. Un'enciclopedia su due gambe.
Scalai la marcia e scivolai di frizione nel primo parcheggio libero. Ci entravo a malapena e quando scesi strusciai con la schiena sulla portiera del furgoncino bianco che avevo accanto.

"Siamo in Emilia-Romagna"mi riporta alla realtà il ragazzo seduto a due sedili di distanza. Sta parlando con una ragazza.
Panico.
Avrei preferito non pensare di essere in un "territorio straniero", a già quattro ore di distanza da casa. Dalla mia città, dalle mie inesistenti radici (sono come un albero che nasce sopra alle nuvole), dal mio quasi-lavoro e dai miei precari legami.
Avrei preferito galleggiare nel nulla. Per sempre in bilico tra il nulla e il niente.
Come se il binario 11 della stazione di Bologna non fosse nient'altro che il vascello guidato da Caronte sul fiume dell'inferno dantesco.
Destinazione unica.
Paghi pegno ogni volta che arrivi.
Un pezzetto della tua anima resta là. Da lei.

Andai a piedi verso la stazione, era a nemmeno cinque minuti da dove avevo posteggiato.
C'era una stretta scalinata in ferro che portava direttamente ad un binario.
Scesi.
Lessi. Binario 11.
Non sapevo da quale destinazione di preciso sarebbe arrivata. Eravamo rimasti che non ci saremmo contattati fino a quella mattina (astinenza, così l'aveva chiamata), ma invece, poco dopo partito mi era arrivato un suo SMS in cui, terrorizzata, mi diceva di aver perso il treno.
Le avevo proposto di vederci direttamente a Padova, dove avrebbe avuto il cambio, ma alla fine era riuscita comunque a prendere il treno dopo in orario.
Tutto regolare.
Sensazione acida alla bocca dello stomaco. Perchè?
Improvvisa paura di una gguato alle spalle.
Perché?
Controllai meglio la tabella oraria, Padova doveva essere in qualche stazione intermedia.
Dopo qualche minuto la trovai. Sarebbe arrivata col treno che partiva da Venezia Santa Lucia.
Binario 11.
Vaneggiai pensando che a Venezia non c'ero mai stato, e mentre attendevo mi sedetti su una panchina e cominciai a scrivere sulla Moleskine.

Hanno cambiato la scritta su quell'enorme struttura bluche va avanti e indietro, lentamente, accanto alla stazione. Quella dove c'era scritto Astaldi. Ora c'è scritto, sempre bianco su blu, "Nuova stazione di Bologna"
Mi mette angoscia quel colosso blu, come sempre.

"Sono a Ferrara, quindi tra una ventina di minuti." un suo SMS.
Il mio respiro che si fa più corto.
Un mendicante mi si avvicina, faccio segno di no con la testa, senza dire niente. Mi hanno sempre messo a disagio.
I minuti passarono, un treno arrivò al binario 9. Ma del suo non c'era traccia.
Stavo cominciando ad agitarmi, scesi le scale del sottopassaggio a salti e mi misi con lo sguardo a cercare il suo cappello di lana con le orecchie da coniglio. Troppa gente. Troppe valigie. Troppe chiacchiere e voci.
Le telefonai.
-Sono appena scesa al binario. Dove sei?-
La sua voce che cercava di sovrastare quella di tutta l'altra gente che aveva intorno.
Era scesa al binario 9. Ne ero convinto. Ma nel sottopassaggio non c'era.
Mi disse che era già all'1.
Corsi con il telefono all'orecchio.
Nella foga vidi una ragazza con un cellulare e le sorrisi mettendole una mano su un fianco. Poi misi a fuoco. Non le assomigliava nemmeno un poco.
Questa mi guardò strano. L'avevo spaventata.
Cretino. Cretino. Cretino.
Salii di nuovo su e corsi per tutto il binario 1.
Feci per tornare giù da un altro accesso al sottopasso, non avevo più fiato.
A metà scale, però, mi dovetti fermare.
C'era, in fondo, a qualche gradino di distanza, una ragazza avvolta da un cappotto nero. In testa aveva un cappello di lana marrone, con occhi e orecchie da coniglio.
Non ci fu bisogno di dire niente.
Di riflesso, dopo essere rimasto con un piede a mezz'aria come il cretino che ero, sorrisi. Finii le scale e l'abbracciai.
Avrei potuto emergere dall'acqua per un poco, ora che lei era lì con me.
Potevo finalmente far riposare i polmoni.
E' il tempo il tuo unico avversario. Quello che non ti darà mai tregua e ti terrà sempre con il fiato corto, spezzato, sospeso.
E' il tempo che ti frega.
Einstein ci aveva proprio azzeccato, con quella sua storia sulla relatività.
Mi capitava sempre, in momenti come quello, di avere la gola secca e la lingua annodata.
Mi sentivo in soggezione. Come se accanto avessi la persona che poteva decidere della mia vita o della mia morte con un solo gesto. Un po' in stile imperatore romano al Colosseo. Pollice in su: vivi. Pollice giù: muori.
Sapevo già, da come la stavo guardando, che quella ragazza sarebbe stata la mia rovina.
Era dolce, era fragile, era timida, sognava. Non era adatta a questo mondo tanto quanto non lo ero io.
Si stava insinuando nella mia testa come se stesse lavorando a maglia usando un filo della mia anima intrecciato con uno della sua.
 
 
Avremmo preso il treno tutti i sabati per venirci in contro.
Avremmo scoperto tutti i vicoli e le strade più strane di Bologna.
Alla fine le avremmo trovate, le tartarughe.
Ci saremmo abbracciati all'infinito dentro a quel buco di cinema, ti avrei baciata e tu non ti saresti ritratta, perché l'avresti sentito che nessuno mai ti ha amato e mai ti amerà così come ti amo io. Ci saremmo tenuti per mano e avrei riempito il tuo mondo di sogni.
Dei sogni più belli.
Avrei costruito assieme a te il tuo mondo perfetto. Quello dove hai le braccia lisce, dove hai lo stomaco felicemente pieno di pizza e cioccolata e patatine. Quello in cui hai l'età che vuoi.
Saremmo stati perfetti, insieme.
Ma la vita non ci sta.
Saremmo stati perfetti. Ma, com'è noto, la perfezione in natura non esiste. E siamo rimasti lì. Sospesi.
Con uno scarto di tempo addosso, più te che io.
"Le cose belle bruciano in fretta"
Rimangono tra le mani le ceneri scottanti di corpi carbonizzati.
 
 
(Mi aveva risposto a 'sto sproloquio.
"puoi non mandarmele queste cose?"
"scusa")