lunedì 17 ottobre 2016

Pepperoni

Ho pensato al passato.
Anche se la parola passato forse è un po' troppo importante, diciamo che ho pensato a tre anni e mezzo fa, quando ero a Bologna con Laura e faceva freddo ed eravamo andati a cercare le tartarughe.
Mi sono chiesto tante volte cosa ci fosse di sbagliato in molte cose che sono seguite a quel giorno, non riuscendo mai a darmi una risposta. A un certo punto ho smesso di cercarla, questa risposta. Senza più tormenti o angosce, semplicemente mi sono rasserenato e non mi ci sono più arrovellato, non ne avevo più voglia.
E ha ragione Baricco, quando dice che
  accadono cose che sono come domande. Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita ti risponde.
E quindi ho ripensato a Bologna, a quel giorno di gennaio, a quando stavamo cercando le tartarughe ed un cinema aperto alle 3 del pomeriggio. Adesso che Bologna la conosco meglio, ho pensato che siamo stati proprio degli idioti, perchè di Bologna abbiamo visto praticamente la periferia. Però i Giardini Margherita, ammesso che fossero quelli, erano belli. E pure la strada per arrivare da Pepperoni è stata interessante.
Ma il punto è un altro.
Ho cercato delle foto di quel ristorante, ho trovato immagini della facciata con quel gigantesco numero 7, il civico che da tanto che era grande non vedevamo, e immagini dell'interno. Pure di quel tavolino semi nascosto con un piano tutto suo. Foto di vini, primi piatti e focacce. Anche di quelle sedie bianche tutte organiche che a Sofia inquietano.
Poi ho visto la foto di una pizza.
Un tagliere rotondo con questa pizza già tagliata in mezzo ad un tavolo, una fetta non c'è, ma si vede il filamento di mozzarella che sparisce nel bordo superiore dell'immagine.
E' stata una roba potentissima, ho dovuto subito scriverlo a Sofia, che in questo momento è su un pullman diretto verso di me.
Ho cominciato a sproloquiare, tutto allegro, senza riuscire a dare un vero senso alla cosa. Non capiva, allora ho provato a dare una forma al discorso, con risultati minimi, ha capito cosa volevo dire. Anche se non le è entrato proprio sotto pelle.
Ovviamente è un vestito che non le può calzare, è della mia misura.
Insomma, questa pizza.
La foto di questa pizza è stato l'insight. E' stato quel momento in cui ti sembra di esserti tolto quel rimasuglio di cibo tra i denti. Quello a cui ti eri talmente abituato da non ricordartene nemmeno più.
Una sensazione di leggerezza e spensieratezza proprio bella. Una sensazione simile a quando indovini un indovinello difficilissimo. Come quando ritrovi qualcosa che pensavi di avere perso.
Mi sono reso conto, con una pizza, di quanto fosse pesante il mio mondo in quegli anni. Mi sono reso conto del disagio che provassi in quasi tutte le cose che facevo. Del fatto che mi sentissi sempre fuori posto, sempre sbagliato.
Durante quel pranzo da Pepperoni, Laura si era presa un'insalatina.
Io un mega piatto di spaghetti. E non mi ero mai sentito così fuori luogo. Lei soffriva di disturbi alimentari, e io non sapevo minimamente come mangiare quel piatto di spaghetti.
Ora mi direi di non farmi troppi problemi, di prendere la cosa con più spensieratezza, non con superficialità, ma con più positività e fluidità.
Ma in quel momento mi ricordo che ero completamente in tilt. Con le sirene rosse che girano in testa a segnalare un allarme, sovraccarico di informazioni. Impossibilità di pensare e men che meno agire senza sembrare un disagiato.
Eravamo due disagiati completi.
E mi viene pure da sorridere a ripensarci.
Tutto quello che vivevo, lo vivevo con pesantezza, con diffidenza.
Questa foto della pizza, mi ha fatto pensare che in quel ristorante la gente ci va pure per mangiare una pizza, nulla di troppo speciale. Niente che preveda etichette o comportamenti da dover eseguire passo passo.
Sono felice, adesso, di essere sulla linea di quella pizza.
Di prendere più o meno la vita come fa qualcuno mezzo brillo, nè con timore, nè con spavalderia, nè con superficialità. La si prende a braccetto, e piano piano, con i propri mostri a volte ci si prende il thè o il caffè, a seconda. Gli si sorride sereni. Tanto stanno là. Così come i mostri di chiunque altro.
E' bello vivere la vita.
E la pizza è proprio una roba bella.



da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/aforismi/vita/frase-2642>

Non ho mai scritto sexy

16 marzo 2015, Roma
Un'ora e un quarto e poi parto.
Da ieri Roma è grigia, piove. Ma le sue gambe se ne fottono della pioggia, e mi piace da matti quando addosso ha solo i maglioni larghi di suo padre.
E' sexy.
Penso di non aver mai scritto la parola sexy in vita mia, nemmeno per cercare un porno su internet.
Insomma, lei con i maglioni di tre taglie in più che le arrivano a metà coscia è davvero sexy.

I bangladini a cui chiedi un ginseng e ti fanno un caffè sono proprio forti.
Scotta pure.

Passo a ginseng

10 mar 2015
Sono passato al ginseng, è dolce, scende giù bene.
Ho cambiato posto, ed è buffo che questo bar si chiami "Passo a caffè", quando io passo a ginseng.
In realtà la vista qua sul mondo non è proprio il massimo, col fatto che è freddo la veranda è mezza tappata da della plastica trasparente e sul plexiglas c'è il coniglietto di Playboy.
Così come la Cubana, pure questo fa angolo. Solo che da una parte la strada è pedonale e dall'altra no.
Mi piace guardare il mondo, mi piace che il mondo mi guardi, mi piace esserne parte e ancora di più mi piace averne la consapevolezza e mi piace sentire la mia pelle che formicola perchè attraversa l'aria.
Mi piacciono le persone che vanno con passo sciolto. Qua è partita della musica, forse techno, forse house. Tanta gente sembra muoversi a tempo in ogni gesto che fa.
Mi piacciono le persone con un accenno di sorriso. Quelle che frenano forte con la bici strusciando tutta la gomma. E anche quelle con un sacco di buste di cotone, quelle di plastica no, mi sanno di supermercato.
Mi piacciono le persone che si tengono per mano.
Mi piace il papà che si è girato appena per controllare suo figlio. E' entrato qua con il bimbo e la fidanzata.
Mi piace la musica allegra.
Mi piacciono un casino i cappotti rossi.
I cani con il cappottino no.
Mi piacciono le signore variopinte.
Mi piace che proprio in questo momento hanno acceso i faretti nella veranda, la luce è arrivata piano e dolce.
Mi piace chi va in bicicletta.
Gli occhiali quadrati e i caschi in mano dei ragazzi.
Il bimbo di prima che dice piano mamma mentre esce dal bar con i genitori.
I baristi che escono a fumare.
Mi piacciono le quattro frecce delle auto in doppia fila.
I portaceneri. Portacenere. Posacenere. Pieni e vuoti.
I pantaloni strani.
I ragazzi con la barba lunga.
Mi piacciono le tazzine con i residui dentro e il bordo un po' colato.
Mi piacciono le insegne dei negozi, accese, spente, accese, spente, accese.
Quando parte una canzone che mi piace.
La barba di tre giorni.
Riconoscere persone che non mi riconoscono più e non salutarle.
Mi piace alzarmi e andare via riportando la tazzina al bancone.
Le ragazze in tiro per sentirsi più sicure, con tutti quegli orecchini, collane e bracciali.
Le persone che parlottano tra di loro.
Mi piacciono da morire quelli che camminano andando esattamente allo stesso passo.
E di nuovo: riconoscere persone che non mi riconoscono e non salutarle, sorridendo.

La ragazza di Roma

24 dic 2014
La ragazza di Roma
con gli occhiali tondi
la nonna figa
un cane
un gatto
e un artista per mano.
La ragazza del Fleming
alta 1.64
castana
vorrebbe tu potessi guardarti
come guardi lei.
Beve vino
birra
balla
ed è bella vestita solo
delle tue braccia
delle tue coperte.

Alla ragazza degli arcobaleni non ho detto niente

13 set 2015 
Alla ragazza degli arcobaleni non ho detto niente.
Le avevo scritto un biglietto, niente di troppo particolare. Solo che mi era piaciuto il fatto che avesse guardato fuori dal finestrino e mi avesse fatto accorgere dell'arcobaleno. Che poi era doppio.
Avevo anche ipotizzato una serie di nomi, non saprei però quale le possa assomigliare di più.
Insomma, è scesa a Ferrara, e il biglietto è qui accanto a me. 
Lo lascio lì, magari qualcuno lo legge e ci si intrippa.