martedì 23 settembre 2014

Uva e stelle

23 sett, 22:53

Appena uscito dall'allenamento, forse più carico di prima.
Caffè della Strega, tisana alla malva di nuovo nella tazza del toro.
Ho il cuore che mi esplode.
Ci sono troppe cose intense in questo periodo, ed è bello. Però non ho la possibilità concreta, al momento, di godermele.
Devo solo aspettare, l'uomo delle attese che torna a fare il suo mestiere che tanto gli riusciva bene.
Tutto questo mi dà la sensazione della sabbia che scorre tra le dita.
Ho dei ragazzi accanto che parlano di politica, altri, dietro, di film.
E' un bel posto per stare da soli questo. E' quello che cercavo in questi giorni.
Un luogo in cui potermi sedere da solo senza che nessuno si interessi a me.
Ieri sera guardavo il cielo. C'erano tante stelle sopra alla mia testa.
Non trovo mai le Pleiadi, però, quelle che mi ha fatto vedere lei a Fregene.
Forse è la longitudine un po' diversa.
Verso la tisana.
Leggero rumore di porcellana.
Il vapore non mi appanna gli occhiali.
E quindi ieri guardavo il cielo. E non mi sentivo più io.
Ed era strano e bello. Il mondo risuonava e ogni passo sul selciato che stavo percorrendo faceva un'eco sorda.
I paradossi della fisica.
Mi sono domandato la mia identià e il mio scopo in quanto essere umano, senza aspettarmi una risposta. E adesso mi viene in mente lei che mi scrive che io mi do senza riserve, ed è una cosa meravigliosa.
Mangio l'uva che mi hanno portato assieme alla tisana, sputando i semi e togliendo la buccia dai denti con la lingua.
Non è necessario sapere il mio scopo preciso qua, posso anche permettermi di rigirarmi qualche secondo l'acino in bocca.
I due ragazzi qua accanto parlano dell'Europa, del sistema economico e di quello politico.
Io parlo d'uva e di stelle.
E la differenza non è poi così immensa.
Mi giro una sigaretta, mentre aspetto che si freddi la tisana.

Colpo di tosse.
Manca poco soffoco.
Ma non mi interessa, in realtà, poi così tanto smettere.
E' più il gesto di rollare che mi piace, più di fumare; ci trovo qualcosa di mistico e rituale.

Tre sorsi di tisana, a contrastare le lame del tabacco.
Vapore e fumo che si mescolano.
E lo trovo interessante molto più di tante cose ritenute altisonanti.
A differenza del troppo rumore di queste ultime, qua c'è silenzio che penetra piano nei vicoli stretti del mondo. Quelli che poi sfociano in ampi spazi in cui senti il respiro del tutto.
Bacio il toro.
Mentre il vapore si fa spazio e mi scalda la pelle.

Biscotti

-Hai voglia di mare?
-Ho voglia di stringerti.
-Hai voglia di stringermi sulla spiaggia?
-Ce l'hai con il mare eh? Dove ti pare, il luogo è accessorio.
-In un supermercato?
-Tra i surgelati.
-No, fa freddo. Reparto biscotti.
-Tra i biscotti, allora.

Bologna

21 sett

Sono stato a Bologna ieri, si è rivelata come al solito un nodo essenziale in quello che è il mio "cammino".
Ho incontrato e conosciuto tante persone che hanno fatto, devono fare o stanno facendo il mio stesso percorso. Eravamo una quarantina, tutti con la stessa luce negli occhi.
(La barista della Cubana, oggi, ha fatto un po' di conversazione, la prima volta dopo circa un anno che vengo qua.)
E Bologna aveva il cielo plumbeo, come quel sabato di un gennaio che fu l'inizio di una nuova scoperta di me stesso.
Ieri mi sono reso conto di conoscere ancora tante delle sue strade.
Ed è servita a mettere un po' di confusione e paradossale chiarezza dentro all'anima.
Ho trovato un'oasi e in questo momento i miei occhi si stanno riposando all'ombra di qualche fronda assieme ad una viaggiatrice, e non provo alcun interesse nello spostarmi dal profumo dei suoi capelli.
Nonostante tanti occhi cerchino i miei proprio adesso. Ma tanti occhi non sono i suoi occhi.
E' solo questione di vibrazioni.
La carta della sigaretta brucia anche se non aspiro.
E mi viene in mente lei che mi dice di aver dato buca al suo insegnante di inglese, nonostante sapesse di poter condividere la sua pelle con quella di lui.
Vedo il mio riflesso nel vetro trasparente che ho di fronte, la pelle non è più così bruciata come il mese scorso, i muscoli sono più tonici e l'animo in linea.  Quest'ombra e questa oasi fanno del bene.
Spesso mi viene voglia di sentire le sue labbra.
La sola cosa ad essere disturbante è la distanza fisica tra le mie mani e le sue. Ma se mi volto verso sud e chiudo gli occhi, posso vederla che annulla ogni spazio temporale e riesco a sentire la carezza delle sue guance tremanti, il suo respiro vicino e il calore delle sue clavicole.

Sguardo

Mettimi in controluce,
vedrai poesie.
Attraversami nel buio,
vedrai la luce.

Edward Young

martedì 16 settembre 2014

Follia

"Coloro che danzavano erano considerati folli da quelli che non riuscivano a sentire la musica."

Monet

Black-out

Viareggio, 00:01, 16 settembre

Figura di merda colossale al bar Italia.
Non mi piace molto come posto e probabilmente le prossime volte cambierò.
Comunque sia ho fatto una vera figura di merda. 
Sono rientrato e i baristi erano dietro al bancone a sistemare. Uno si gira, faccio "ciao", e contemporaneamente Max Gazzè alla radio è partito con un "ciao".
Mi sono bloccato.
Il tipo mi ha guardato strano, ho cominciato a farfugliare cose a caso e quello manca poco si incazza. Sono riuscito a dire solo "un cappuccino".
Dopo pochi istanti son riuscito a sbloccarmi, mi sono scusato dicendo che ero perso nel mio mondo, ma ormai la stronzata era fatta.

Mi sono piazzato su una panchina.
Niente locus amoenus, come direbbe lei.
Stiro il collo all'indietro e sento delle gocce.
Sta cominciando a piovere.
Cambio bar. 
Chiedo un orzo e me lo fanno anche se sono in chiusura.
-Faglielo a un euro, mi sta simpatico.-
Però scorda il cucchiaino.


Ponte Milvio, quasi mezzanotte.
Piove e non ci muoviamo. Potrebbe essere la tipica scena da filmetto adolescenziale.
-Me sto a fracicà!- e ride.
Ecco una cosa per cui mi piace.
Siamo seduti sul muretto, sotto di noi il Tevere corre rumoroso.
-Potresti essere chiunque, sono qua con te e non ti conosco. Mi potresti pure buttare di sotto. Magari sei un assassino.-
-Anche tu potresti esserlo.-
-Tu hai un appiglio con le gambe, io no.-
Mi sposto con entrambi i piedi che penzolano nel vuoto.
-Ora sei in vantaggio tu.-
E' stata tutta solo questione di fidarsi senza riserve.
E' una roba che senti a pelle, è istinto, è qualcosa di viscerale, che senti dentro alla base dello stomaco.
E sai che non ti ferirà. E lei sa che non la ferirai.
-Se cado che fai? Ti butti o corri sulla sponda?-
-Direi che corro e poi mi butto.-
-E' dalle 11 di stamani che parliamo.- mi fa notare.
La cosa mi stupisce e mi pare normale al tempo stesso.
-Pensavo a una cosa. Ci pensi che prima quando parlavi delle scarpe da comprare, qualsiasi persona che fosse passata avrebbe potuto benissimo pensare che stiamo facendo discorsi stupidi? Chissà quante volte è capitato.-
-Va beh, era un discorso stupido.-
-Vanno benissimo anche quelli.-
La pioggia smette di farci da cornice. Comincia nuovamente a passare gente.
Ci sono i suoi occhi ed è un casino perchè non posso non guardarli.
Se ne accorge, e ogni tanto ci sono delle pause in cui tutto si ferma.
Non faccio niente per nasconderlo.
Perché dovrei?

E mi viene voglia di sentire il suo cuore contro le mie costole.


00:48
Camminando un po' ho trovato il mio posto.
Sono sul molo. Non ci sono persone.
Niente vento stasera.
E sì, era tanto che non sentivo questo.
Sono qua che ascolto il ritmo calmo del mondo.
Sulla spiaggia a Fregene, Sofia mi aveva parlato di questa teoria secondo la quale non esiste il silenzio assoluto.

Black-out.

Sono rimasto al buio completo per pochi secondi, si erano spenti tutti i lampioni.
Un allarme di auto suona in lontananza.
Il mondo s'era preso un colpo di sonno. Sarebbe stato bello se fosse durato di più.
Guardo il mare e non riesco a distinguere la linea dell'orizzonte. E' tutto una campitura uniforme.
Ancora un attimo di black-out. E la campitura si espande.
Secondo quella teoria ogni piccolo movimento dell'universo crea una melodia armoniosa e bella che noi però non possiamo percepire, ma se questa smettesse sapremmo veramente cos'è il silenzio. 
Il silenzio come noi lo conosciamo non è dunque nient'altro che musica.

Roma

Viareggio, 17:57, 14 settembre

Namastè, Sofia.

E va bene che ero partito senza alcuna aspettativa, senza nemmeno sapere se l'avrei vista o no. E va bene anche non dare troppa importanza.
Però mi manca.
Sono stati giorni che mi scorrono dentro alle pupille come la pellicola di un film breve o come la puntata cruciale di un telefilm.
Il cuore mi inciampa e sulla pelle posso vedere i brividi che mi scuotono se penso al modo armonioso e perfetto in cui tutto si è concatenato.
Spengo la sigaretta che rimane perfettamente verticale nel posacenere della Cubana.
-Tu pensi troppo.- mi diceva.
Le rispondevo di saperlo.
Ero arrivato a Roma dopo circa sei ore di viaggio, due sole fermate per fare metano.
In auto con me c'erano due ragazzi e una ragazza che mi hanno contattato dal sito Bla Bla, praticamente mi hanno pagato il viaggio.
Erano un italiano e due brasiliani, ognuno con percorsi diversi.
E' stupendo conoscere gli occhi delle persone.
Milly, la ragazza, stava viaggiando per l'Italia, senza motivazioni apparenti; ha affittato una casa sperduta tra le campagne romane.
Dopo aver accompagnato a Fiumicino il suo amico, sono rimasto con Ario e lei.
L'abbiamo portata insieme a destinazione. Ed è stato grottesco conoscere il ragazzo che la aspettava.
Era sul ciglio della strada fuori dal mondo, con una tazza scura in una mano e l'altra nella tasca destra dei pantaloni beige.
Ai piedi solo delle ciabatte.
Subito dopo sono andato a casa di Ario.
E' difficile da riportare tutto il mare di sensazioni provate.
Posso solo essere certo che io e quel ragazzo siamo molto simili.
Ero arrivato lì senza alcun programma specifico, con l'idea di passare la nottata in auto.
Alla fine l'alloggio me l'ha trovato lui; ho passato la serata a casa di un suo amico, e sembrava ci conoscessimo da sempre.
Nel frattempo mi tastavo il cuore con la punta delle dita, pregandolo di non essere troppo ansioso e affidandomi al flusso della corrente.
Non ho mai fatto niente di tanto giusto.

L'ho vista il giorno dopo.
Sotto casa sua, il sole che sbuca e le illumina le guance bronzee da attrice.
Gli zigomi alti dicono di guardarla negli occhi.
Lei che mi abbraccia, io che fingo di non essere teso.
E ci riesco anche con me stesso.

Fuori dal bar vicino casa sua comincia a piovere. Tuoni forti e sferzate di pioggia sul viso. Non ci importa, rimaniamo lì. Come due animali curiosi che studiano il linguaggio di quello che non dicono le labbra.
Parliamo, ma non saprei dare un ordine a ciò che mi è rimasto dentro.
In realtà parla più lei, ma non mi dispiace per niente. Mi perdo tra le pieghe che formano le labbra quando scandisce le vocali.
Con quella voce da telefilm di prima serata che non puoi fare a meno di stare ad ascoltare.
Sono le pause che ci smascherano però.
Quando le iridi si scontrano e ogni velo cade.
Ed è esattamente come fare l'amore.

La notte a Fregene è umida.
Il mare lo è sempre.
-Ci pensi se si muovessero al contrario le onde?-
Sono i momenti così quelli in cui capisci che hai azzeccato proprio tutto.
La guardo e quasi mi viene da piangere per quanto la vedo bella.

La lanterna parte verso l'alto come un aereo e la vediamo andare su senza mai perdere quota.
E' felice.
-Grazie che posso parlare così con te.-

Spengo un'altra sigaretta, questa si accartoccia un po', ma rimane in piedi come l'altra.

Vorrei ringraziarla anche io, per farmi sentire così vivo.

Abbiamo passato la notte in tenda, lì sul mare. Ho sentito le sue labbra e il mio respiro che inciampava sulla sua pelle.
Come immaginavo, Baricco le piace.

Era tanto tempo che non provavo quella paura un po' mistica nello sfiorare il corpo di una donna.
E' come ritrovarmi di fronte qualcosa di vero e platonico al tempo stesso.
Non si può restare indifferenti.
Non si possono non sentire quei brividi leggeri quando i suoi capelli ti sfiorano e le sue labbra cercano le tue.

E' il modo in cui guarda le cose, è come parla di quelle cose.
E' il fuoco e l'aria.
E' la primavera.
E' il trifoglio nel bel mezzo del deserto.

L'ho lasciata a Roma con un nodo tra i polmoni che ancora non si scioglie.

Chi sa che fine ha fatto Milly.

Come il gatto di Schrodinger

Viareggio, 00:43, 10 settembre

Dovrei andare a casa e dormire, ma sono nervoso.
Domani parto per Roma, anche se non so quando al vedrò.
Era dal giorno della stazione che non mi sentivo così, quando sono andato ad aspettarla. Ho il battito cardiaco accelerato e il respiro corto.
Più che nervoso sono irrequieto.
I pensieri si annodano tra loro e non riesco ad articolarli.
Vorrei un abbraccio, proprio ora.
Qualcosa che scaldi lo sterno.
Prima sono passato di libreria e ho preso Oceano mare di Baricco, volevo prenderlo per lei quel giorno, ma il tempo non era stato d'accordo. Spero di riuscire a darglielo.
Sicuramente le piace.
Un po' mi ricorda il genere di personalità che vivono tra quelle righe, è un libro pulsante. Per una persona viva.
Sono al bar Italia sul lungomare, due persone accanto al mio tavolo parlano e invadono il mio spazio, parlano di cose pseudo-intelligenti giusto per far conversazione.
Il telefono ha vibrato, ho timore a guardarlo perché non voglio incorrere nella delusione di non trovare un suo messaggio.
Un po' come per il gatto di Schrodinger.
Finchè non lo guardo, al tempo stesso può essere lei come il contrario.
Ho bisogno di trovare un punto fermo, una cosa in cui essere felice di stare. Ho bisogno di una persona con cui condividere la mia voglia di coeprte calde durante un giorno di temporale.
Adesso guardo se il gatto è vivo o meno.

Non lo è.
Forse sta solo dormendo.

Parte del flusso

Livorno, 9:52, 7 settembre

Il destino, se così vogliamo chiamarlo, è strano.
Mi è slittata di un tempo indeterminato l'attivazione al primo livello di Reiki per solo un numero.
Avevo chiamato per gli orari due giorni fa, e invece di un 6 ho composto un 8.
Nella mia testa il seminario era il 7 e l'8 settembre, e si è rivelato invece essere cominciato un giorno prima, cioè ieri.
Per una serie di coincidenze, però, sono molto contento di questo. Per una cosa fortemente materiale: i soldi.
Mi avrebbe portato via una buona parte di stipendio e mi farà andare a Roma con più tranquillità.
Ero ad una specie di bivio in cui dovevo scegliere una cosa o un'altra, ed è stato il destino a scegliere.
In automatico le cose da portare avanti sono in numero minore.
E' comunque un giorno di cui tener conto.
Intanto ho appena finito la brioches al cioccolato e il cappuccino (per sentirti un po' di più), sono a Livorno, in uno dei bar lungo mare dove i piccioni mi paiono gatti.
E ancora di più mi sento pellegrino e anche un po' "ebreo errante", come dice una signora.
-La vita è buffa e meravigliosa.- mi ha scritto Aquila, ed è l'unica a cui ho spiegato l'inciampo del cuore.
La cosa che un po' mi dispiace è che non so trovare per tutto questo parole che traducano fieramente l'emozione che sto provando.
A condividerla, la felicità, tutto si quadruplica, ma bisogna saperci fare con i termini, perchè sono le sfumature a dare quella sensazione di pace e purezza che una campitura piena difficilmente può trasmettere.
Sono gli incroci che ogni tanto il destino decide di valutare in maniera differente.
San Vincenzo non ha ancora finito con i suoi paradossali regali che devi trovare scavando (letteralmente) nel fango.


23:58, Antignano

Mr. Barcellona andrà da lei a Roma il 10, quando sarei dovuto scendere io.
Lo capisco tanto. Mi ricorda me non troppo tempo fa.
Lui è preso da lei. Lei no.
Mr. Barcellona ha la mia età, e questi chilomentri gli faranno avere tanti anni in più sulle spalle.
Ora sono in campeggio, a finire la stagione come animatore.
Andare subito di colpo a casa è stato troppo strano e avevo bisogno nuovamente di muovermi altrove.
Mi sono messo a scrvievere su uno scoglio in riva.
A farmi luce ci sono solamente un lampione che prova ad imitare la luna.
Stasera è piena. E non so quale sia tra i due ad illuminarmi di più.
Penso agli occhiali tondi di Sofia, e a lei che mi scrive che il suo gatto sa giocare a nascondino.
Sono sicuro che se fosse qua e le chiedessi di ascoltare cosa borbotta il mare lei saprebbe darmi una risposta.
E mi viene voglia di scambiare il suo profumo con il mio.
Non so quando ci vedremo. Ma è bello anche solo pensarci.
Sono soddisfatto del percorso che sto facendo, anche se stare a contatto con la gente mi è difficile come è sempre stato. Ogni giorno è meglio del precedente, però.
Il mare borbotta che ha sete.
Sto qua ad ascoltarlo, ed è bello.
Lei non crede al destino, la mia idea è tutta da interpretare.
Bisogna solo essere attenti ai segnali che ci diamo da soli.
Il mondo non è altro che un riflesso di ciò di cui abbiamo bisogno.

30 agosto

Venturina, 00:21

Il computer di Roberto è rimasto sulla schermata nera di blocco.
Dovrei premere CTRL+ALT+CANC, ma credo che anche la tastiera abbia dato forfait.
Il ventilatore sopra la mia testa è ancora lì che gira.
Sarebbe bello se fossi bravo a descrivere, potrei raccontare quel momento strano in cui l'ho vista.
Mi ero fermato al solito ombrellone delle signore romane e l'ho vista alzare gli occhi dal libro che aveva sul lettino; è stata l'educazione a farla alzare in piedi. Sulle labbra un piccolo sorriso, lo sguardo protetto dalle lenti tonde e scure.
Sono stati quegli occhiali e quel sorriso da fossetta sulle guance a farmi rimanere lì.
E poi l'ansia istintiva quando camminava con passo sicuro sulla passerella nella mia direzione.
Un vestito bianco traforato a far finta di nascondere un corpo color bronzo contrastante con il bikini arancione. Tutta la luce era sua in quel momento.
Il collo semicoperto dai capelli castani tenuti sciolti. 
Non riesco a descrivere, quando c'è così tanta bellezza racchiusa in un solo fruscio di stoffa, le mani mi cominciano a tremare e il petto si fa caldo. E provo la stessa sensazione che ho guardando il tramonto quaggiù.

La ragazza della capitale

Spiaggia San Vincenzo, 28 agosto, 14:00

E' tutta una roba metaforica, no?
Sì, insomma, la spiaggia, le camminate come quella di adesso. La Conchiglia che fa da oasi non troppo felice ma d'obbligo.
Le signore che mi chiamano "ebreo errante".
Gente che va, gente che viene.
Quello di cui scrivevo tempo fa ha preso forma. Mi ritrovo a segnare orme nella sabbia, ad avere il viso bruciato e le gambe dolenti, la schiena spezzata e i calli sulle mani.
E poi gli occhi della ragazza della capitale.
Un'altra viaggiatrice come me.
Si percepisce da come ti guarda e dal modo in cui respira.
Le sopracciglia non lasciano spazio a dubbi.
Spero di rivederla a settembre, per capire se è stata solo un altro miraggio del caldo e della stanchezza oppure è qualcosa di tangibile.
Oggi, come ieri, tira un forte vento.
Mi piace.
Riprendo il cammino, con le ciabatte in una mano e lo zaino in spalla. 
Dentro solo il fuoco.


Venturina, 22:57

Mi ha scritto che ha vinto una gara di paguri.
E ho pensato che con lei potrei parlare delle mattonelle del bar.

lunedì 15 settembre 2014

27 agosto

Sono al bar.
Ho appena passato un caffè ad un signore anziano seduto davanti a me. Una barista ha commentato in maniera dolce e a me viene da piangere.
Mancano ancora quattro giorni.

Le mattonelle del bar

26 agosto

Il punto è che anche se sono in compagnia, spesso non sento il bisogno di parlare.
Mi piace stare in silenzio, quando non c'è niente da dire, quando sono già stati affrontati i discorsi del momento. Perchè poi non è detto che si possa parlare sempre di qualsiasi cosa. Ci sono alcune cose che si possono dire solo a determinate persone e in precisi momenti.
Se perdi il momento mandi tutto a puttane.
Se perdi la persona scordati pure il discorso.
Non puoi parlare con chiunque, ad esempio, di quante mattonelle secondo te ci sono sul pavimento di questo bar. E nemmeno del fatto che gli intarsi in legno sul bancone sono simmetrici.
Le cose simmetriche mi piacciono, danno una parvenza di sicurezza e stabilità.
In questi giorni sono come sospeso, il tempo scorre piano ed è un po' come il caffè nella moka: sale solo quando non lo guardi.
Ho mal di gambe e in gola è come se avessi una noce.
E' il lavoro qua che si fa sentire. Il clima che c'è è di svogliatezza e pare che nessuno abbia voglia di fare niente, a partire dal principale che è capace solo di dare ordini e puntare il dito.
In questo momento sono al bar dove lavora Federica, la ex-moglie del capo.
Sto aspettando i due baristi del bagno. Non è il luogo che vorrei cambiare, ma le situazioni.
Sono due o tre giorni che svariate persone mi danno dieci anni in più dei miei.
E mi chiedo se sia la barba o la stanchezza.
Voglia di parlare con Sofia.

Lenti rotonde

Venturina, 20 agosto, 22:59

Pochi giorni fa ho incrociato due occhi dietro a delle lenti scure. Hanno confermato quello che sentivo dentro da un po'.
Ha le sopracciglia delle persone decise e gli occhi le brillano di un fuoco caldo.
Sono due giorni che guardo il telefono sperando di trovare qualcosa di suo, con addosso l'ansia di un ragazzino.


21 agosto

La ragazza dagli occhiali scuri e rotondi non credeva a tante cose che le ho detto.
Non credeva nemmeno al fatto che scrivo.
Dice che sono la persona più strana che conosca.
E non so se prenderlo per un complimento o meno.
-Cosa hai scritto su di me? "Oggi ho regalato una minifoca a una ragazza che ho conosciuto sulla spiaggia."-
Sarebbe stato carino effettivamente, ma non sono così creativo.
Facevo il cretino quando l'ho vista la prima volta. (Il fatto che stia cominciando a raccontare così non è affatto un buon segno). Facevo il mio lavoro: far ridere la gente. Un po' come nella canzone di Cremonini "e se ridi poi vuol dire che una cosa la so fare".
E insomma ero in riva al mare che ballavo una delle tante canzoni stupide per i bambini. Vedo questi occhiali rotondi, e penso che alle persone di solito stanno male, mentre a lei no. Mi guarda e si vergogna, e mi vergogno un po' anche io.

-Scrivi ogni giorno?-
-Dipende come mi prende. Quando c'è qualcsoa che merita inchiostro e non può starmi dentro va su carta.-

E quelle iridi castane nascoste dietro a due lenti scure devono camminare un po' da queste parti.

Borghi

Campiglia Marittima, 15 agosto, circa mezzanotte e mezzo.

Mi è passato davanti agli occhi un miraggio in questi giorni. Il cuore mi batteva forte, ma era solo l'effetto del caldo e della stanchezza.
Stasera, dopo aver ripreso l'auto dallo stabilimento, sono salito qua a Campiglia.
Il sonno non c'è.
Avevo voglia di camminare tra le salite e le discese di questo piccolissimo borgo.
Ho preso strade che non conoscevo, consapevole che mi sarei potuto perdere.
Cerco la mia guerriera.
Passeggio tranquillo per i sentieri della mia mappa personale, sapendo che prima o poi troverò orme simili alle mie.
Da quassù si vede tutta la città. E mi viene una necessità tremenda di stringere qualcuno a me. Qualcuno che si fidi di me e del quale saprei di potermi fidare ciecamente.
Questi mesi sono un balzo in avanti inaspettato, quasi.
Sapevo che mi avrebbero portato a qualcosa, anche se ancora sono nel suo bel mezzo. 
Qualcun altro pensa alle mie stesse cose.
So che in questo periodo le nostre costole si sfiorano.
Tra poco torno a casa.