domenica 3 maggio 2015

Lettera 22

3 maggio 18:54

Lettera 22.
Ho beccato un tipo a cui non piace Murakami, ganzissimo. Riccio, pizzetto e baffetti e occhialetti.
Mi sono preso un the al limone e allo zenzero.
Ho la camicia bianca con una macchietta.
Era tanto che non la mettevo. In realtà era tanto che non mi vestivo in questo modo.
Camicia di lino bianco a mezze maniche, pantalone blu scuro, mocassini Vans e giubbotto di pelle.
Direi che mi leggo Murakami.

Mentre mi avvicino agli scaffali con i libri, il signore al tavolo accanto al mio mi ferma. Mi chiede se può vedere il libro che ho in mano. 
Glielo porgo.
Mi dice che ama gli scrittori giapponesi, la sua preferita è Banana Yoshimoto.
Io di lei ho letto solo Kitchet, che anche lui mi nomina.
Quando la conversazione sta per esaurirsi come la fiamma di una candela senza ossigeno, accade qualcosa.
Si è aperta una fessura da qualche parte.
Ed io e quest'uomo abbronzato e dai capelli corti e bianchi cominciamo a parlare ognuno dei propri interessi.
Sento che può insegnarmi tanto.
La giovane donna che è con lui mi dice divertita che sottolinea tutto in maniera particolare.
-Io sottolineo selvaggiamente.- ridacchio.
-Ah no, lui proprio con il righello e tre colori.-
Mi viene in mente Valentina, anche lei sottolineava così.
Mi ha raccontato che ama la fisica dei quanti, la matematica, la biologia e tutto ciò che termina con -gia.
E che quando ha capito le meccaniche di ciò che spiega Einstein ha fatto un balzo dalla sedia e si è messo a piangere.
Ha un orecchino al lobo sinistro, come me. Il suo è un cerchietto fine con una stella di David a mo di ciondolo.
Gli ho detto che lo capisco. Che io ho la passione per il lato più romantico della questione, per le energie sottili e le percezioni.
Ed è bello vedere come tutto poi arriva alla stessa destinazione.
-L'importante è arrivarci.- mi dice lei.
E ho raccontato anche di Sofia. Che ci siam conosciuti quest'estate, mentre lavoravo, il giorno stesso in cui sarebbe ripartita per Roma, dove abita. Che sono andato a trovarla alla stazione con una foca di peluche, perchè le librerie erano chiuse e non potevo prenderle Oceano Mare.
Le è piaciuto il fatto che ho voluto fare ciò che mi andava, senza aspettarmi niente. E che a settembre ci siamo rivisti per davvero. Che ero sceso a Roma senza sapere se l'avrei vista o meno. Ci siamo visti. Sono riuscito a darle Oceano Mare. Che adesso è maggio e sabato prossimo saremo insieme.
-Insomma è la tua ragazza.-
-Si.-
Non mi sembrava il caso di spiegare l'idea che abbiamo di rapporto.
Ci siamo salutati, poco dopo, con l'intenzione di rivederci e chiacchierare di qualche argomento. Non ci siamo scambiati i numeri di telefono, non gli ho dato il mio biglietto da visita. Solo due strette di mano e i nomi.
Dovrò venire qua più spesso.
E comunque odio il fatto che mi scordo subito i nomi delle persone.

I più belli di questa serata alla ricerca del niente.

2 maggio 2015, 23:42

Sono riuscito ad uscire di casa.
Stasera ho qualcosa addosso, non capisco molto bene, è come una patina appiccicosa che mi infastidisce molto.
SIcuramente se potessi parlare con Sofia sarebbe molto più lieve, ma è qualcosa che adesso devo affrontare da solo.
Anni fa mi sarei sicuramente tagliato.
E' bello sapere che anche solo l'idea mi sembra assurda.
Sono al Margherita, 1Q84 e ginseng.
Fuori un ragazzo suona la chitarra. E' bello vedere il mondo.
Anche quando ho questa cosa addosso lo vedo proprio bello e interessante.
Credo che farò un giro tra i libri.
Mentre Sofia fa l'equilibrista sulla montatura dei miei occhiali.

Mezzanotte e 07.
-Sono uscito in cerca di non so bene cosa.-
-In cerca di niente. E di tutto.-

Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere "noi" in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.
Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo 
e non il ricordo di come eravamo
se sapremo darci l'un laltro
senza sapere chi sarà il primo e chi l'ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio
perché insieme è gioia...

Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.

-Neruda


-Elisabetta!-
Ha gridato un tipo da un'automobile.
Forse è ubriaco, in fondo è sabato sera. E cerca questa Elisabetta.
Urla di nuovo, più lontano un poco.
Ma Elisabetta dov'è?
Due ragazzi cominciano a correre, lungo la Passeggiata.
Lei a sinistra, lui a destra.
Si dividono e uniscono a seconda delle persone che si trovano davanti.
Sono partiti all'improvviso, come se un pensiero comune avesse detto loro di gareggiare per qualcosa.
Mentre guardavo le loro schiene credo di averli sentiti ridere.
Erano belli.
Forse i più belli di questa serata alla ricerca del niente.
L'aria è fresca, ma fuori si sta bene.
Ho camminato un bel po', le gambe scivolavano da sole lungo il viale.
Sulla spiaggia hanno già messo gli ombrelloni.
I negozi, i bar e i ristoranti restano aperti un po' di più.
Ti vorrei qua, accanto a me, vorrei portarti a far vedere qualche posto carino.
Vorrei chiederti di uscire con me a prendere un caffé. Offro io.
Ovviamente poi ti bacerei.
E ti chiederei ancora se i caffé che fanno a Roma hanno lo stesso sapore.
Mi risponderesti che forse sì, dipende se io ci sono oppure no.
E che gli emù sono simili agli gnu. Solo senza accento.
Mi piacerebbe tenerti stretta a me, mentre camminiamo piano, un braccio intorno ai fianchi.
Alle spalle non ci arrivo, si sa.
E quindi il caffé. Tu.
Per me un ginseng.
Poi se ti va andiamo a ballare.
Che mi piace guardarti mentre di muovi.

sabato 2 maggio 2015

Quel famoso Tom Collins

2 maggio, le 3 quasi 4 (toh, 2 3 4)

Sono un po' triste in questi giorni.
Un po' perchè tutto ciò che tocco non è la tua pelle.
Non mi ricordavo bene cosa volesse dire sentire la mancanza di qualcuno.
Tu, stasera, mi manchi davvero tanto.
Sento l'odore del grlicine, rientrando a casa, e una voragine mi si apre nel petto.
Cazzo, mi si è pure bruciata la brioche che avevo messo a scaldare.
I bordi sono diventati tutti marrone scuro.
E insomma, stasera mi manchi.
Non so darti un termine di paragone preciso. E' una cosa che mi disturba molto però, perché mi piacerebbe davvero tanto averti qua, adesso, seduta sulle mie gambe.
E mi piacerebbe accarezzarti il viso, i capelli, accarezzarti il naso con il naso e le labbra con le labbra.
Quando apro le porte, tocco gli interruttori della luce, il volante, le coperte, le mie stesse mani sentono che qualcosa manca.
E' una percezione, hanno memorizzato la sensazione che si prova ad accarezzare le tue orecchie, il tuo seno.
C'è questa memoria tattile che non va via.
Ed è un po' difficile spiegar loro che non ci sei, che non ti accarezzeranno.
Adesso sono un po' più triste.
Ho tanta voglia di viverti, di passare molto più tempo con te.
Più che del tempo maggiore, una minore distanza tra la volta in cui ci vediamo e quella dopo.
E' un tempo distribuito male, quello che abbiamo.
E due settimane sono davvero tante.
Non sai quanto spero di poterti stringere come e quando voglio, il più presto possibile.

Hey there Delilah, what is like in New York City?
I'm two thousand miles away, but girl tonight you look so pretty.

In realtà non lo so se tonight you look so pretty, ma la mia immaginazione ti ha vestita molto bene.
Un qualche tuo vestito nero, lungo fino a metà coscia.
La schiena seminuda che lascia vedere la linea della colonna vertebrale e delle scapole.
I capelli sciolti, pettinati, lavati e lisci (non come quando siamo insieme, selvaggia).
Un po' di matita, un po' di rossetto.
Parleremmo di emù (che strano il nome emù, che poi non so bene se si scrive così).
Berremmo qualche cocktail strano e della birra.
Sei bellissima, a parlare di emù, a bere birra e forse a bere quel famoso Tom Collins.
Vestito metà coscia, nero.
Schiena scoperta.
Capelli sciolti, pettinati, lavati e lisci.
Un po' di matita, un po' di rossetto.
Farei l'amore con te tutta la notte.