martedì 17 novembre 2020

Scialla eh

Non so se è la mancanza dello sport e della disciplina a causare questo.

Sicuramente ho molta pressione derivata dal dover gestire un gruppo, un gruppo che poi è inesistente. Non so se lo voglio veramente, non mi piace dire alle persone cosa fare, ho sempre preferito seguire.
Vuol dire che ho paura di prendere delle responsabilità? E' molto probabile.
Ma è difficile non raccontarsi delle storie e non dirsi che tutto va bene, che è solo un periodo e che passerà. Perché se c'è una ferita aperta lasciarla guarire da sola a volte non basta.

E allora quali sono gli strumenti? Che strumenti abbiamo per guarire queste ferite? Che strumenti abbiamo quando in fin dei conti ci sentiamo soli?
Quando in fin dei conti vogliamo stare soli ma al tempo stesso vorremmo essere liberi di farci vedere come realmente siamo da parte delle persone?


Qual è il vero problema? E' veramente necessario risalire a delle cose passate o sono solamente delle seghe mentali? Dovrei chiedere a qualche diplomata forse. Avrei anche il nome giusto.

Perché quando parlo di come mi sento ho sempre questo enorme e sgradevole nodo in gola che fa restare tutta l'acqua del mio corpo nella zona della testa e l'unico modo per non farla esplodere è farla passare dai condotti lacrimali?

Perché trovo sgradevole e pesante dover chiamare per telefono le persone?

Eppure fino a poco tempo fa tutto andava bene e tutto ciò non mi pesava. So che sono così e mi accettavo in quanto tale. Ma è come se adesso non fosse sufficiente. Voglio forse piacere alle persone che ho intorno senza preoccuparmi di come sono realmente? Sarebbe una grande cazzata.

Bisogna che segua questo filo rosso. Bisogna che segua questo filo un po' come ha fatto Teseo nel labirinto del minotauro e che entri nella stanza più profonda che ho. Sicuramente sarà doloroso. O forse no? C'è veramente bisogno di passare per il dolore per crescere e per conoscere se stessi?

Conosci te stesso.

Dovrei far ripassare questo tatuaggio. Spesso mi scordo di non dover mai smettere di conoscere me stesso.

Ci sono cose che non riesco più ad accettare. La statura. I capelli che cadono. La fronte che prende più spazio. E gli occhi degli altri che mi guardano dall'alto verso il basso. Questo è sicuramente un elemento della formula incomprensibile di questo periodo.

Ma perché irrazionalmente è così importante che mi senta accettato se alla fine dei conti non serve a niente snaturarsi per gli altri? Per di più è qualcosa che dovrei avere imparato bene.

Non mi interessa veramente più di tanto avere dei figli che abbiano i miei geni. E' così e basta. Ho scelto la sterilità alla felicità personale e alla vita. E fa male che la persona con cui passi tutte le tue giornate abbia forse dei bisogni diversi dai tuoi. Questo è sicuramente un altro elemento che mette tutta questa pressione. E che mi fa sentire in colpa. E ha tutto il diritto di avere dei desideri e di immaginarsi la sua vita. Ma è qualcosa che da me non potrà MAI avere. E' così e trovo veramente inutile rievocare il soggetto con un tono di colpabilità che forse sono solamente io a percepire. Forse sono solamente io che filtro. Fatto sta che lo percepisco, e che le emozioni che mi fa provare sono reali. Sono reali, ma non riesco ad esprimerle e allora chiudo la bocca e stringo la gola e mi metto a fare qualsiasi altra cosa che mi impegni temporaneamente la testa per non far passare l'acqua accumulata dai condotti lacrimali o per non rispondere in maniera meccanicamente fredda.




Quello che mi piacerebbe, alla fine, sarebbe vivere scialla. E questo tu lo sapevi fare veramente bene.

Dovrei farmela tatuare, la parola scialla. Vicino vicino alla frase Conosci te stesso. Per ricordarmi sempre che è vero che è bene pensare e riflettere, ma che a un certo punto scialla eh.

Corazza di cartone

Questo nuovo confinamento non comincia proprio bene, altrimenti non sarei qui a scrivere, credo.

Ho spesso voglia di piangere e mi chiedo il perché, razionalmente non ci dovrebbero essere dei motivi validi. Eppure c'è qualcosa che sta lì proprio sotto allo sterno. Qualcosa che gratta piano piano dal di dentro.

Scrivo qui un po' come se fosse un pensatoio. 

Avrei voglia di parlarti. Avrei voglia di parlarti senza che crei imbarazzo, senza che possa creare delle situazioni ambigue. E mi chiedo se veramente sarà possibile prima o poi. Mi chiedo se veramente e sinceramente ho mai smesso di avere dietro alle palpebre certe ombre cinesi. Sono figure che sono nel cervello e la luce del giorno proietta le loro ombre come personaggi del kabuki giapponese. Si chiama davvero kabuki? Poco importa.

Sono in 36mq, sono in 36mq con una persona che sono convinto di amare. E due gatti. Sono in 36mq con una persona con la quale in realtà non riesco veramente a parlare di tutto. Anche con te era così? Non riesco a ricordarmi. Non riesco ad essere obiettivo nei confronti del passato. Non riesco ad essere obiettivo nei confronti di qualcosa che dovrebbe essere passato da 3 anni ormai ma che continua a fare rumore sotto al parquet come il cuore rivelatore di Poe.

E' come se avessi la fedina penale sporca, non so se la metafora regge. 

Credo che sia ancora la famosa bolla. La famosa bolla che ho cercato in ogni modo di portare nel più profondo degli oceani di ciò che sono. Nella mia Atlantide personale.

Non avevo considerato però la pressione dell'oceano. La pressione che ti spacca i timpani e ti fa venire gli emboli. Forse sono restato troppo tempo lì sotto e ho cercato di risalire troppo in fretta in preda ad una mancanza di ossigeno? A volte mi sento esattamente così.

Come se avessi passato il punto di non ritorno. E non c'è nessuno con cui possa parlarne.

Perché la sola persona con la quale credo di poter comunicare è una delle persone che sono implicate nell'equazione. E pure l'altra ci sta dentro. 

In più tutto ciò va a fare delle piccole falle nella corazza di autostima e amor proprio che mi sono creato. Non so se è reale o se è fatta di cartone.

D'altronde sono il cavaliere con l'elmo di cuoio e i gambali di paglia.
Non ci sarebbe da stupirsi se avessi una corazza di cartone.

martedì 29 settembre 2020

Le cose banali

Capita spesso che mi chiedi perché non scrivo. Adesso sono in autobus, nel viale che attraversa il bosco. Fuori piove. E ciò di cui ho paura sono le cose banali. Fuori piove e i finestrini sono tutti appannati.
È un buon punto dove poter scrivere, quando la temperatura sarà simile a quella fuori, quando ci saranno meno persone nel bus, anche il vetro perderà la condensa e con essa ciò che c'è scritto.
A volte vorrei avere un pannello di condensa, per scrivere e poi lasciare che sia il tempo a cancellare le parole. Anche se non so fino a che punto posso fidarmi. Sotto gli strati di condensa vedo ancora le tracce delle vecchie memorie.
Fuori piove. Sono nel bus che attraversa il bosco. Vado verso la metro e poi verso il tram. Pioverà ancora. E ciò che non mi piace sono le cose banali.

sabato 26 settembre 2020

Auchan

 Est dans ces moments là où je peux toucher à pleins mains mon vrai moi.

J'inspire et c'est comme rentrer dans ma cage thoracique. Dans un état de saudade éternelle et moi non plus je sais qu'est que je suis en train de chercher.

Je sourie.
Même cet état m'avait manqué.


-

é in questi momenti in cui posso toccare a piene mani il mio vero io.

Inspiro ed è come entrare nella mia cassa toracica. In uno stato di saudade eterna e non no so più nemmeno io cosa stia cercando.

Sorrido.
Anche questo mi era mancato.