lunedì 13 ottobre 2014

Sotto le mani, le costole

(21:05) 9 ottobre

Ieri l'aria era ferma e tiepida. La luna piena mi camminava a fianco mentre andavo in direzione del molo.
Stanotte non so come sia il mondo. Sono in una specie di ritiro mistico, preparo la mente a domani. Sofia arriverà a Pisa con il treno nel tardo pomeriggio.
La voglio. E la aspetto come se con lei arrivasse una parte di me con cui ricongiungermi.
Sotto le mani sento ancora la forma di quella sua costola rotta e ricalcificata male. C'è un piccolo avallamento, un'interruzione nel flusso della sua gabbia toracica.
E' lì che si posavano spesso le mie mani. Era come accarezzare qualcosa di unico, di fragile, di trascendentale.
Mi cercava con tutto il corpo; ad ogni bacio sul collo era scossa da un fremito forte e ogni limite fisico prendeva un valore al negativo. I vuoti erano pieni e i pieni diventavano vuoti.
Ventre contro ventre, tutto il nostro essere si era dissociato e non esistevano più due entità, bensì un'unione di due frammenti infinitesimali del tutto.
Il suo respiro era il mio, negli attimi in cui le nostre labbra erano tanto vicine da sfiorarsi.
Tutti i muscoli tesi e fermi, carichi in attesa dell'inevitabile scontro di carne e anime.
Le parole sono riduttive, non riesco a descrivere quella sensazione di calore e tepore in tutto il corpo, mista alla potente adrenalina che fa aumentare il battito e la sudorazione.
E poi io che l'abbraccio da dietro, davanti allo specchio, e vedo perfettamente il suo corpo e il suo viso riflessi. Sua madre che entra in casa, Sofia che ritorna in sè e mi spinge via. Sua madre che di nuovo esce e il tavolo della cucina che ci fa da angolo inaspettato in cui gettare tutto il dolore e ci fa accarezzare, mordere e baciare come se nel corso delle cose ci fosse stato un leggero intoppo esterno tale da far sventrare tutto.
E la guardavo come se fosse l'ultima volta in cui avrei potuto far correre le mie iridi tra le sue ciglia.

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